Il Mare Nostrum, nonostante occupi una superficie ed un volume ridottissimi in rapporto alle acque salate dell'intero globo, ospita un numero considerevole di specie di squali. Delle circa 50 specie descritte fino ad oggi nel nostro bacino, molte sono poco comuni, difficili da osservare, altre sono rarissime. Per queste ultime rarissime specie vi sono stati pochissimi avvistamenti accertati, quando non unici. Vediamo adesso di fare una brevissima descrizione delle specie di questi pesci cartilaginei più comuni e conosciute con riferimento alle famiglie di appartenenza.
Tra gli Hexanchidi citiamo lo Squalo capopiatto (Hexanchus griseus), conosciuto anche come Notidano grigio e caratterizzato dall'avere 6 fessure branchiali anziché le solite 5 presenti in quasi tutti gli altri squali. E' uno squalo di grosse dimensioni che normalmente vive ad elevate profondità avvicinandosi alla costa durante la notte. Può raggiungere i 5 metri di lunghezza ed i 500 Kg di peso. Si nutre sul fondo di piccoli squali, razze, molluschi, crostacei e pesci. In alcune località è conosciuto volgarmente con il nome di "pesce vacca" e viene venduto al mercato a tranci sotto il nome di "vitello di mare".
Per la famiglia dei Carcarinidi citiamo per il nostro mare la Verdesca (Prionace glauca), squalo d'alto mare con corpo molto idrodinamico, grande nuotatore ed attivo cacciatore.
Alla famiglia degli Sciliorinidi appartengono piccoli squali parecchio conosciuti ed abbastanza commercializzati in alcune località come il Gattuccio (Scyliorhinus canicula) ed il Gattopardo (Scyliorhinus stellaris), più grande del suo congenere S.canicula. Entrambe le specie vivono sul fondo e depongono uova che vengono fissate al substrato, protette da un involucro caratteristico.
Alla famiglia dei Triakidi appartiene lo squalo forse ritenuto più comune in quanto spesso presente al mercato del pesce, parliamo del Palombo (Mustelus mustelus) e del suo strettissimo parente il Palombo stellato (Mustelus asterias).
Sebbene non sia comune, ritengo opportuno citare lo squalo più grande del Mediterraneo, appartenente alla famiglia dei Cetorinidi, lo Squalo elefante (Cetorhinus maximus) lungo fino a 15 metri e che rappresenta il pesce più grande al mondo dopo lo squalo balena, assente nel nostro mare per cui è il pesce più grande del Mediterraneo. Si nutre di organismi planctonici che cattura filtrando l'acqua con le sue branchie anatomicamente modificate e l'ampia bocca.
Per la famiglia dei Centroforidi citiamo il Sagrì (Centrophorus granulosus) lungo fino ad 1,5 metri.
Tra gli Squalidi un paio di righe vanno spese per il comunissimo Spinarolo (Squalus acanthias), di piccole dimensioni, difficilmente supera 1,4 metri.
Tra gli Squalidi un paio di righe vanno spese per il comunissimo Spinarolo (Squalus acanthias), di piccole dimensioni, difficilmente supera 1,4 metri.
Per la famiglia dei Lamnidi (cui appartiene il Grande squalo bianco, presente anch'esso nel Mediterraneo) citiamo il Mako (Isurus oxyrhynchus) e lo Smeriglio (Lamna nasus) le cui carni talvolta sono presenti sui banchi del pesce. Entrambe queste specie sono predatori feroci e potenzialmente pericolose per l'uomo.
Ricordiamo per la famiglia degli Alopiidi lo Squalo volpe (Alopias vulpinus) con la coda lunga a dismisura che usa come una frusta per stordire le prede, generalmente piccoli pesci, di cui si nutre.
Concludendo voglio sottolineare che le poche specie di squalo potenzialmente pericolose per l'uomo non sono da considerare una minaccia in quanto gli attacchi sono davvero molto rari e non sempre letali; inoltre, spesso gli incontri sono dovuti alla poca accortezza dell'uomo in un ambiente che non è il suo. Tutte queste specie vanno protette in quanto importantissime per l'ecosistema marino dato il ruolo di "top predators" che rivestono. I dati sul declino delle popolazioni di squali nel Mediterraneo e nel mondo sono davvero sconcertanti, poiché, questi "killer" dei mari, sono in realtà molto delicati e vulnerabili e vengono facilmente sterminati dall'uomo, che non si pone alcun scrupolo nei loro confronti. Gli squali dei nostri mari spesso rimangono vittima accidentale di reti pelagiche, disposte in mare per la cattura di altre specie ittiche di interesse quali tonno e pesce spada , e di attrezzi da pesca con ami come i palangari, lunghi spesso diversi chilometri. Questi attrezzi, inoltre, sono pericolosi anche per le tartarughe marine. Altre volte, invece, sono attivamente ricercati per le loro pinne (finning), utilizzate in particolari zuppe a base di pesce soprattutto in alcuni Paesi orientali, che spesso attribuiscono a tale alimento proprietà eccezionali del tutto inesistenti. Questa crudele pratica prevede il taglio delle pinne a squali che sono stati appena issati a bordo delle imbarcazioni, quindi spesso ancora vivi. Una volta recuperate le pinne, gli squali, mortalmente feriti e privati della capacità di nuotare, vengono gettati in mare dove si inabissano andando incontro a morte certa.
Clicca sul nome scientifico di ogni squalo (messo in parentesi con testo celestino e scritto in corsivo) per vederne la foto corrispondente.
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