venerdì 24 giugno 2011

Il moscardino bianco


Nei mari italiani sono presenti due specie di moscardino, appartenenti allo stesso genere. Vengono comunemente chiamati Moscardino bianco (Eledone cirrhosa) e Moscardino (Eledone moschata). Presentano caratteristiche morfologiche assai simili, per cui, possono essere facilmente confusi e scambiati. Inoltre, la maggior parte dei consumatori, li identifica in un unica specie, chiamandoli con il nome generico di moscardino. Entrambe le specie sono di rilevante importanza commerciale e sono tra i molluschi cefalopodi più pescati in Italia. Spesso, al mercato, le due specie vengono commercializzate assieme, sotto il nome di moscardino, come precedentemente detto. Rivolgiamo l'attenzione sul Moscardino bianco (E. cirrhosa), ricordando che è molto simile al congenere E. moschata. Similmente al Polpo (Octopus vulgaris), presenta otto "tentacoli" (termine ormai consueto ma non corretto, in realtà si tratta di braccia) dotati di ventose. A differenza del Polpo però, che possiede due file di ventose per braccio, il moscardino ne presenta solamente una, che percorre l'intera lunghezza delle braccia. Vive su fondali incoerenti, sabbiosi o fangosi. Rispetto ad E. moschata, il moscardino bianco (E. cirrhosa) può spingersi a profondità superiori, fino a circa 400 metri. Si nutre di crostacei, piccoli pesci ed altri molluschi, che cattura nel substrato sul quale vive. Raggiunge un peso massimo di 700 grammi circa, ma la taglia comune è compresa mediamente tra i 200-300 grammi (anche l’altra specie di moscardino raggiunge dimensioni simili). La colorazione è marroncino-giallastra e bianca e varia di intensità e sfumature in base allo stato dall'animale ed alla sua vitalità. Appena pescato, emana un caratteristico odore di muschio. Il suo ciclo vitale si conclude in due anni. Il metodo di pesca utilizzato per la cattura è la rete a strascico. Il sapore è simile a quello del Polpo. Particolarmente ricercati sono i moscardini di piccola taglia, più teneri e gustosi.

In foto, una cassetta di moscardini (E. cirrhosa) appena pescati ed esposti al mercato del pesce. E' messa in evidenza l'unica fila di ventose presente lungo le braccia.

mercoledì 15 giugno 2011

Bavosa galletto


La Famiglia dei Blennidi comprende tutte quelle specie ittiche che vengono comunemente chiamate con il nome di "bavose" (tale denominazione deriva dal fatto che questi animali secernono un cospicuo strato di muco che ricopre la loro pelle nuda). Nel nostro Mare tale Famiglia è un raggruppamento piuttosto numeroso, in quanto comprende la bellezza di quasi 20 specie. Tra tali specie è presente una considerevole varietà nella morfologia (inoltre alcune specie presentano dimorfismo sessuale e quindi differenze morfologiche all'interno della stessa specie tra sesso maschile e femminile) e soprattutto nella colorazione. Sono generalmente specie di acque basse e molto basse, anche se alcune specie possono spingersi fino ai 100 metri di profondità. Nella zona costiera, alcune specie sono facilmente rinvenibili in pochissimi centimetri d'acqua, al limite della zona di marea, o addirittura fuori dall'acqua stessa, in prossimità della superficie. Parlando, infatti, della Bavosa galletto (Coryphoblennius galerita) possiamo vedere come magnificamente questa specie si sia adattata all'esposizione prolungata all'aria (in quanto spesso la si può trovare poggiata su uno scoglio, appena al di sopra della superficie del mare) talvolta anche per parecchie ore, grazie alla particolare fisiologia del suo apparato respiratorio che le permette di sopravvivere, per periodi relativamente lunghi, fuori dall'acqua. Subendo, inoltre, l'aria delle maggiori escursioni termiche rispetto all'acqua (che ha quindi una capacità termica superiore) il nostro pesce si è dovuto ben adattare anche a tali rapidi cambiamenti termici. Morfologicamente si presenta con un corpo piuttosto robusto (se paragonato a quello di altri Blennidi) ed una testa relativamente grande e massiccia. La bocca è situata inferiormente e presenta delle labbra piuttosto pronunciate. La pelle è nuda e ricoperta da uno strato di muco secreto dall'epidermide stessa. Il muco rende questi animali molto scivolosi alla presa ed inoltre ritarda l'essiccazione della pelle quando l'animale si espone all'aria. Sul capo, appena dopo gli occhi, si trova una "cresta", un'appendice carnosa dalla morfologia particolare che conferisce, appunto, alla specie il denominativo comune di "galletto". Si nutre di piccolissimi invertebrati, soprattutto crostacei, che cattura anche nella parte emersa degli scogli. Raggiungendo le dimensioni massime di circa 10 cm non riveste alcun interesse dal punto di vista commerciale e per la pesca. E,' invece, molto ricercata dagli acquariofili (in quanto si adatta molto bene alla vita in vasca) ed amata dai fotografi naturalisti. La si può catturare anche con le mani (quando rimane intrappolata in piccole pozze di marea) o molto più facilmente con l'aiuto di un piccolo retino. Quando la si tiene in mano prestare un po' di attenzione in quanto questa specie spesso dà dei piccoli, ma decisi, morsi.

In foto un esemplare di Bavosa galletto (Coryphoblennius galerita) tenuto in vasca, in un momento in cui si espone all'aria. La "cresta", essendo l'animale fuori dal suo ambiente naturale, è abbassata e quasi impercepibile.