giovedì 31 dicembre 2009

La "lattuga di mare"


La lattuga di mare, conosciuta per la scienza sotto al nome di Ulva lactuca, è un' alga verde molto diffusa un po' in tutto il Mediterraneo. La struttura di quest'alga è a foglie lamellari e bistratificate, traslucide e sottili, con un' altezza massima di 30 cm e fissate ad un peduncolo di forma elicoidale. Cresce su substrati di natura rocciosa, dalla zone di marea fino ad un massimo di circa 10 metri di profondità. E' frequente nelle zone portuali ed è considerata un' alga nitrofila, ovvero un' alga capace di crescere rigogliosamente in aree in cui sia i nitrati che i fosfati (spesso indici di eutrofizzazione quando presenti ad elevate concentrazioni) sono molto abbondanti. Molto ricca in sali minerali ed oligoelementi. In alcune nazioni come Giappone e Scozia viene regolarmente utilizzata come fonte alimentare.

Totano


Il totano, come la più comune seppia o come il polpo, è un mollusco cefalopode. Presenta, attorno alla testa, otto braccia e due tentacoli più lunghi. Il suo colore sul bordeaux è un carattere distintivo e lo differenzia dalle altre specie di totani. La femmina di questa specie raggiunge dimensioni superiori rispetto al maschio, con una lunghezza del mantello che può superare i 40 cm. Molto diffuso in tutto il Mediterraneo è oggetto di attiva pesca in Sicilia, dove rappresenta una risorsa economica di non poco rilievo, soprattutto in certe aree siciliane. L'attrezzo utilizzato per la pesca di questo mollusco consiste in lenze con particolari ancorotti terminali (totanare). Vive fino ad un massimo di 800 metri di profondità ed è solito risalire verso la superficie durante le ore notturne. Presenta caratteristiche nutrizionali di notevole pregio.

In foto Todarodes sagittatus

martedì 29 dicembre 2009

I fossili


Sicuramente tutti ne abbiamo sentito parlare più e più volte, ma con il termine fossile a cosa ci si riferisce precisamente? La parola deriva dal greco ed il suo significato è: scavare. Per fossile si intende un resto di un organismo che è vissuto in una determinata era geologica precedente alla nostra. La fossilizzazione, che è il processo che subisce un organismo per diventare un fossile, è un processo che richiede milioni di anni. Ovviamente le parti che ci permangono di ogni organismo sono tutte quelle parti non soggette al processo di decomposizione quali: ossa, denti, conchiglie o il legno di alcune piante. Per un processo ottimale di fossilizzazione occorre che un organismo, una volta morto, venga sepolto nel più breve tempo possibile e possibilmente prima che inizi il processo di decomposizione. I fossili sono rinvenibili in rocce sedimentarie. Le rocce ignee sono invece prive di fossili. Tramite lo studio dei fossili si può risalire all'era geologica a cui appartengono. Da tali studi si è potuto sapere, infatti, che molti degli animali vissuti sulla terra 500 milioni di anni fa presentano caratteristiche molto simili a quelli attualmente viventi.

sabato 26 dicembre 2009

Seppia: un mollusco maestro nel mimetismo


Appartenente, assieme al polpo, ai calamari e ai totani, ai Molluschi Cefalopodi, la Seppia (Sepia officinalis) è un mollusco maestro nel mimetizzarsi e confondersi con il fondale marino. Questa strategia viene utilizzata dall'animale non solo per nascondersi dai predatori, ma anche per tendere agguati alle sue prede, che consistono principalmente in granchi, piccoli pesci e alcuni molluschi. Presenta il corpo ovale e schiacciato ed è internamente sostenuto dal caratteristico "osso di seppia" (conchiglia interna). Il capo è dotato di 8 braccia e due lunghi tentacoli, tra i quali si trova la bocca a becco di pappagallo.  Si può spostare lentamente, nuotando dolcemente a mezz'acqua, grazie al movimento ondulatorio delle sue "alette" laterali oppure può utilizzare la propulsione a getto del suo sifone per dileguarsi rapidamente, magari dopo aver spruzzato un bel po' di nero. Grazie alle sue eccezionali capacità mimetiche, questo animale è in grado di cambiare colore in pochissimi istanti, in funzione dell'ambiente in cui si trova. La variazione e la regolazione della colorazione è dovuta a particolari cellule contenenti pigmenti, dette cromatofori, che sono sotto al controllo del sistema nervoso. In alcune specie, durante la riproduzione, il maschio  è in grado di "camuffarsi" assumendo il colore e le sembianze della femmina in modo da confondere gli altri maschi e da riuscire ad accoppiarsi indisturbato con la vera femmina. Il suo habitat è costituito dalla zona costiera che presenta fondale sabbioso o melmoso, spesso misto a ciottoli o a praterie di fanerogame marine. Se minacciata, è in grado di spruzzare un getto d' inchiostro per confondere il suo aggressore. Il suo nero, inoltre, a differenza di quello del Polpo e di altri Cefalopodi, viene utilizzato per condire saporiti piatti a base di "nero di seppia", appunto. Può raggiungere eccezionalmente dimensioni di 90 cm, ma la media è ben al di sotto di questo valore. Molto importante per la pesca, questa specie viene insidiata principalmente con reti a strascico, nasse e reti da posta.

In foto una Seppia (Sepia officinalis) perfettamente mimetizzata con il fondale sabbioso. Da notare che il suo camuffamento non è limitato al colore, che diviene uguale a quello dell'ambiente circostante, riproducendo persino le alghe. La Seppia è infatti anche in grado di corrugare la superficie corporea, facendole assumere una forma simile a quella di alcuni tratti dell'ambiente attorno a lei, in questo caso a piccole alghe. 

venerdì 25 dicembre 2009

Anguilla: un pesce misterioso


Presenta un corpo serpentiforme e subcilindrico. La testa è depressa, appuntita e con mandibola prominente. Le pinne anale, dorsale e caudale sono unite tra di loro a vanno quindi a formare una struttura continua. Le femmine (capitone) raggiungono le dimensioni maggiori, arrivando ad una lunghezza di 150 cm per un peso di 6 Kg circa. E' una specie ad altissima valenza ecologica, ovvero riesce a tollerare ampie escursioni di salinità e temperatura. Tale specie, secondo molti autori, ha un' area di riproduzione unica, nel Mar dei Sargassi. Si riproduce qui a grandi profondità, completando così il suo ciclo vitale. Dalle uova, le larve che si svilupperanno si chiamano leptocefali e sono noti fin dal Medioevo, ma allora non si sapeva a quale specie appartenessero. I leptocefali si presentano trasparenti ed hanno la forma simile ad una foglia di ulivo. Queste larve di pochi millimetri di lunghezza vengono sospinte dalle correnti fino ad arrivare nel Mediterraneo, attraversando Gibilterra. Durante il loro viaggio, che dura tre anni per l'anguilla europea, continuano a svilupparsi. Le giovani anguille raggiungeranno le foci dei fiumi per risalirvi e vivranno in acque dolci, nutrendosi di insetti ed altri piccoli invertebrati, fino a quando, divenute adulte, non faranno il loro ritorno al mare, intraprendendo la loro migrazione fino al Mar dei Sargassi, dove si riprodurranno. Durante questo viaggio di ritorno si ciberanno essenzialmente di pesci. Questi misteriosi animali, molto longevi, sono in grado di rimanere anche per diversi anni senza cibarsi. A livello economico, in Italia, è tra le specie più importanti per la pesca e l'acquacoltura, soprattutto al nord. 

giovedì 24 dicembre 2009

Una medusa "immortale"


Questa medusa è l'unico organismo finora noto in grado di raggirare l'ultima tappa della vita comune ad ogni essere vivente, quella della morte; il processo è stato scoperto da alcuni biologi di Lecce, nell'AMP di Porto Cesareo. Ad un certo punto della sua esistenza, infatti, questa medusa, dopo essersi riprodotta, è in grado di sfuggire all'ultima tappa del processo di invecchiamento (la morte) tornando allo stadio precedente della sua esistenza, quello a forma polipoide, per poi ritornare di nuovo a quello di medusa. Insomma, è un pò come se noi umani, una volta diventati vecchi, tornassimo indietro a quando eravamo neonati. Tale capacità di ringiovanirsi all'infinito è resa possibile a questa medusa grazie alle sue cellule in grado di effettuare un "transdifferenziamento". Tramite questo processo, una cellula già specializzata torna ad uno stadio totipotente, in cui è in grado di differenziarsi nuovamente in qualsiasi altro tipo cellulare. Proprio a causa di questa sua straordinaria capacità di essere "immortale" alcuni studiosi temono che ben presto questa medusa potrebbe invadere tutti gli oceani. La Turritopsis nutricula ha un diametro di soli 4-5 millimetri.

In foto Turritopsis nutricula

mercoledì 23 dicembre 2009

il nostro "merluzzo"


Molti non sanno che in realtà nei nostri mari il Merluzzo, quello vero, non è presente, non esiste. Il vero merluzzo, quello che viene dalla Norvegia, lo consumiamo solitamente sotto forma di stoccafisso o baccalà (che altro non sono i prodotti finali derivanti dal Merluzzo in base a se questo viene rispettivamente essiccato oppure salato) o come filetti surgelati. Quello che invece siamo abituati a vedere sui banchi del pesce, fresco, è il Nasello (Merluccius merluccius) da alcuni chiamato "merluzzo mediterraneo" ed appartiene ad una famiglia diversa rispetto a quella del vero Merluzzo. Il Nasello è molto comune nel Mediterraneo e gli adulti vivono fino ad una profondità di 1000 metri. In questa specie la femmina raggiunge dimensioni maggiori rispetto al maschio, fino ad un massimo ed eccezionale peso di 12 Kg circa. E' una specie molto vorace e sono presenti casi di cannibalismo. Viene attivamente pescato a livello commerciale principalmente con reti a strascico e palangari di fondo, ma anche con reti da posta.

In foto alcuni Naselli (Merluccius merluccius)

domenica 20 dicembre 2009

"vespa di mare"


Per la scienza nota come Chironex fleckeri, la vespa di mare è la medusa più velenosa al mondo ed è letale anche per l'uomo. Appartiene alla classe delle cubomeduse. Può raggiungere le dimensioni di un pallone e possiede diversi tentacoli dotati di organelli urticanti. Il suo corpo si presenta quasi trasparente. Vive nelle acque australiane, dove causa diverse vittime. Molti di coloro che subiscono la sua tossina sono destinati a morire. Una volta in circolo, la tossina genera un dolore intenso, nausea, vomito, pressione sanguigna rovinosamente alta e sensazione di morte imminente che può durare per giorni, insomma meglio starne alla larga...

sabato 19 dicembre 2009

Parassiti


Non sempre in natura è l'organismo più grosso a predare ed a cibarsi di quello più piccolo, non sempre è il più grande e forte ad avere la meglio, anzi, spesso è l'organismo più piccolo che si ciba di quello più grande...si tratta dei parassiti. Ne esistono davvero tantissimi, di tantissime specie e gruppi, acquatici e terrestri, ectoparassiti (parassiti della pelle) o endoparassiti (che parassitano dall'interno il corpo del loro sfortunato ospite). La maggior parte di loro, tuttavia, non tende ad uccidere la proprio vittima, ma a tenerla comunque in vita per continuarne e cibarsene. Alcuni crostacei sono parassiti e si stabiliscono all'interno della bocca di alcune specie di pesci, mangiandone la lingua e prendendone il posto. In tal modo sfruttano a loro favore ogni boccone che il pesce si procurerà in seguito. Pensate che c'è un tipo di parassita che induce i ratti ad arrendersi al loro nemico naturale, il gatto. In tal modo il parassita potrà trasferirsi all'interno del suo nuovo ospite per completare il ciclo vitale. Nell'uomo, uno dei casi sicuramente più conosciuti di parassitismo è quello causato dalla tenia (verme solitario), che si insedia nell'intestino. Tale organismo è in grado di vivere all'interno del nostro corpo fino a ben 18 anni, producendo diversi miliardi di uova.

In foto una tenia, endoparassita intestinale.

venerdì 18 dicembre 2009

Le anemoni



Le anemoni sono animali marini bentonici appartenenti agli Cnidari (come le meduse) . Hanno la forma polipoide. Il polipo è provvisto di un asse centrale, che rimane ancorato saldamente al substrato tramite un disco basale. All'estremità superiore del corpo sono presenti diverse serie di tentacoli urticanti (come nelle meduse) che possono essere più o meno lunghi, in base alla specie. Tali tentacoli sono muniti di organelli urticanti, che quando stimolati trafiggono letteralmente la vittima inoculando una tossina; tuttavia, difficilmente si presentano letali per l'uomo. Posseggono una cavità interna, la cavità gastrovascolare, che è in comunicazione con l'ambiente esterno tramite una singola apertura posta all'apice e spesso nascosta dalla corona di tentacoli. 

giovedì 17 dicembre 2009

I serpenti marini: un morso letale


Sono tra i più velenosi rettili viventi, il loro morso infatti si rivela spesso mortale; tuttavia, la loro indole non aggressiva non li rende poi così pericolosi per l'uomo in quanto, solitamente, mordono solo per difendersi. Posseggono denti piccoli e le dimensioni  corporee variano da un metro a due o più. Spesso, dopo il morso, alcuni denti possono spezzarsi e rimanere nella ferita. Esistono alcuni sieri antiveleno.

martedì 15 dicembre 2009

Banchisa


La banchisa è quella massa di ghiaccio galleggiante sulla superficie marina, caratteristica delle zone polari, che raramente ha uno spessore superiore ai 3 metri. A differenza degli icebergs, la banchisa è costituita da acqua contenente sale marino, che rimane intrappolato nel ghiaccio, mentre gli icebergs sono costituiti da masse di acqua dolce. La banchisa, essendo soggetta alle forze dei venti, delle correnti e dei moti ondosi subisce facilmente delle rotture. Si formano, così, tanti pezzi di ghiaccio galleggianti sul mare (pack). Come possiamo facilmente immaginare, si origina per congelamento della superficie marina, un pò come accade se mettiamo per un pò un bicchiere di acqua nel nostro congelatore di casa. E' da sottolineare il fatto che non tutta la banchisa si muove in balia dei venti e delle correnti, una parte di essa, infatti, rimane fissa, attaccata alla costa, oppure incastrata su bassi fondali. Dal punto di vista ecologico la banchisa è molto importante per gli ecosistemi freddi, in essa si sviluppano particolari comunità che sono alla base di un ecosistema produttivo in questi ambienti così ostili per la maggior parte delle forme di vita. 

lunedì 14 dicembre 2009

Lo squalo gattopardo


Appartenente alla stessa famiglia del gattuccio e talvolta chiamato anche come Gattuccio maggiore (Scyliorhinus stellaris), questo squalo presenta molte caratteristiche in comune con il suo "cugino" minore. Ha una morfologia molto simile al gattuccio, così come anche le loro abitudini alimentari e la distribuzione nei mari italiani; tuttavia, il Gattopardo raggiunge maggiori dimensioni rispetto al Gattuccio, fino ad arrivare a misurare 1,7 metri di lunghezza. Gli occhi sono sporgenti e  situati verso la parte superiore del capo dell'animale. Anche la femmina di questa specie produce particolari uova che depone, ancorandoli, sul fondo marino. E' meno ricercato a scopo alimentare rispetto al suo stretto parente: il Gattuccio.


domenica 13 dicembre 2009

Un piccolo squalo: il gattuccio


Piccolo squalo molto vorace, ma non pericoloso per l'uomo. Il Gattuccio (Scyliorhinus canicula) è uno squalo molto comune nei nostri mari, vive su fondi sabbiosi e corallini, soprattutto se sono presenti le gorgonie. Ha un corpo molto slanciato, fusiforme, che termina con una testa appuntita. Le pinne dorsali sono in posizione arretrata. Nella coda, il lobo superiore è più sviluppato di quello inferiore. La dimensione massima che può raggiungere è quella di un metro, ma generalmente si aggira attorno ai 70 cm circa o ancora meno. Questa specie si nutre principalmente di polpi, crostacei vari e policheti. La femmina di questa specie depone le uova sul fondo, una volta che queste sono state fecondate. Tali uova sono contenute in astucci semirigidi ad azione protettiva e con una particolare struttura che ne permette un migliore ancoraggio sul fondo, solitamente nelle gorgonie. Specie parecchio pescata in tutta Europa, si cattura principalmente con reti a strascico e con palangari di fondo.

sabato 12 dicembre 2009

Specie degli abissi


Quella dei pesci abissali è una categoria che comprende specie che si sono adattate a vivere diffondendosi nelle profondità marine. Per fare alcuni esempi possiamo citare: la vipera di mare, il drago di mare, l' ittiococco, ascia d'argento e tanti altri. Le acque degli abissi sono caratterizzate da temperature bassissime, da poco cibo a disposizione, assenza totale di luce e altissime pressioni (ricordiamo che ogni 10 metri di profondità la pressione aumenta di un'atmosfera). I pesci abissali, quindi, si sono dovuti adattare a queste condizioni estreme. Alcune  specie sono solite, di notte, risalire dalle profondità marine per qualche centinaio di metri, fino ad arrivare nella zona superficiale, dove vi è una maggiore abbondanza di cibo. Poichè le risorse alimentari sono scarse, questi pesci si sono adattati per sfruttare al massimo le poche occasioni per cibarsi; posseggono, infatti, una bocca  insolitamente enorme armata di denti aguzzi, in modo da non lasciar scampo alle prede. Hanno stomaci estremamente dilatabili ed alcune specie sono in grado, addirittura, di catturare prede superiori alle proprie dimensioni corporee. Vivendo al buio totale hanno sviluppato degli organi luminosi (fotofori) che hanno funzioni varie e ancora non del tutto chiarite come: ricerca del partner, confondere i predatori, attirare le prede.

venerdì 11 dicembre 2009

Granchio melograno


Questo granchio probabilmente non sarà comune a molti, però, soprattutto nei mari siciliani, viene pescato abbastanza frequentemente. Deve il suo nome alla particolare forma del suo corpo, compatto, gibboso e rosato con macchie rossastre, che sembrano appunto dei chicchi di melograno. Le chele presentano una forma caratteristica ed inconsueta; sono, infatti, appiattite, alte e possenti e presentano il margine superiore dentellato ed espanso a formare una struttura simile ad uno scudo o a una cresta. Vive su fondi sabbiosi fino a circa 150 metri di profondità e quindi spesso è contenuto nel pescato delle reti a strascico. Ha la capacità di insabbiarsi. E' una specie carnivora e si nutre principalmente di molluschi.

In foto il Granchio melograno (Calappa granulata).

giovedì 10 dicembre 2009

il pesce spada


Pesce che si riconosce facilmente grazie al suo lungo rostro da cui prende il nome scientifico: Xiphias gladius. Specie cosmopolita, molto diffusa nel Mediterraneo. E' dotato di una pinna caudale molto ampia, a mezza luna. Solitamente vivono solitari, ma talvolta sono presenti in gruppi formati da pochissimi esemplari. Si nutre principalmente di calamari e totani, ma non disdegna vari tipi di pesci. E' oggetto di attiva pesca, soprattutto con i palangari. In Sicilia, a Messina, viene pescato alla fiocina da particolari imbarcazioni chiamate feluche. Quando sono in coppia, nel periodo riproduttivo, viene prima fiocinata sempre la femmina perchè il maschio non fugge e continua a girare attorno alla femmina moribonda. I pescatori possono, in tal modo, catturare anche il maschio. Tutta questa storia riguardante il comportamento del maschio nei confronti della femmina moribonda viene cantata da Domenico Modugno nella sua commovente canzone d'amore: "Lu Pisce Spada". Ha carni pregiate e viene consumato fresco o trasformato in prodotti vari come gli affumicati.

mercoledì 9 dicembre 2009

Un possente nuotatore: il tonno rosso


Il tonno rosso (Thunnus thynnus) è un pesce forte nuotatore ed è in grado di compiere ampie migrazioni effettuate con lo scopo di riprodursi. Il suo corpo si è adattato per un nuoto veloce. Si presenta massiccio, fusiforme con un capo conico. La sua coda, a mezza luna, è molto ampia e viene messa in movimento da una possente muscolatura. In un giorno, questo animale, è in grado di percorrere mediamente 40 miglia. A differenza della maggior parte degli altri pesci, è un animale a sangue caldo e la sua temperatura corporea è sempre superiore a quella dell'ambiente esterno. Nel periodo di Maggio-Giugno i grandi tonni di peso superiore ai 100 Kg entrano da Gibilterra per raggiungere le loro aree di riproduzione all'interno del bacino Mediterraneo. Una volta nati, i giovani tonni si accrescono molto velocemente, raggiungendo la maturità sessuale alla fine del terzo anno di vita, quando pesano tra i 15 e i 30 Kg circa e hanno una lunghezza di poco inferiore al metro. La loro alimentazione è principalmente basata su calamari, sardine ed altri piccoli pelagici. Importantissimo a livello commerciale, in quanto usato per l'alimentazione umana, viene venduto e consumato in molte parti del mondo, sia fresco o trasformato in vari modi (si pensi ad esempio a quello inscatolato). Spesso viene confuso con il tonno pinna gialla, che ha proprietà nutrizionali simili.

martedì 8 dicembre 2009

Un fossile vivente: il Nautilus

Un vero e proprio fossile vivente, tale animale, appartenente al taxon dei molluschi cefalopodi è stato osservato in vita per la prima volta solo nel 1829. La sua conchiglia è sicuramente molto conosciuta quasi da tutti, ma pochi sanno sulle caratteristiche dell'animale che vi abita. La conchiglia può superare i 20 cm di diametro e dalla sua apertura spunta fuori la testa del cefalopode con i suoi grandi occhi. Il nautilus, si nutre principalmente di crostacei, che cattura con i suoi lunghi tentacoli e che, a differenza di quelli di polpi, seppie e calamari, sono sprovvisti di ventose. La conchiglia, internamente, è suddivisa in setti pieni di una miscela gassosa. L'animale è in grado di controllare la concentrazione di questi gas interni in modo da regolare i suoi spostamenti verticali nella colonna d'acqua. Vive tra la superficie ed i 500 metri di profondità. Il Nautilus è diffuso soprattutto a livello dell'Oceano Pacifico occidentale e nell'Oceano Indiano.

lunedì 7 dicembre 2009

Il Basilosauro


Questo mostro marino estinto era un cetaceo, così come lo sono le attuali balene e delfini e non un rettile marino come si riteneva una volta; infatti, il suo nome vuol dire lucertola re. Presentava un corpo molto allungato e serpentiforme, con una lunghezza che poteva toccare i 20 metri. Pare che come le attuali balene possedeva uno strato di grasso sottocutaneo, che lo aiutava a non disperdere il calore in acque fredde. La testa, se rapportata alle dimensioni corporee, risulta essere piccola ed era dotata di un muso relativamente allungato ed appuntito che possedeva 44 denti. Possedeva due pinne anteriori e due pinne posteriori molto piccole, che fanno presumere la sua origine dalla terraferma. Si parla quindi di un caso di convergenza evolutiva. I fossili di questo animale risalgono a circa 40 milioni di anni fa (Eocene superiore).

domenica 6 dicembre 2009

I pesci palla


Questi pesci, conosciuti un pò da tutti, appartengono alla famiglia dei Tetraodontidi. Sono pesci caratteristici degli ambienti tropicali. Il nome della famiglia deriva dal greco e letteralmente vuol dire "quattro denti"; infatti, tali pesci presentano una dentatura caratterizzata da quattro placche dentarie. Il corpo, di forma ovale, quasi sferico, è ricoperto, in genere, da numerosi piccoli aculei. Quando si sentono minacciati questi pesci si gonfiano di acqua (o di aria se esposti) e si trasformano in una vera e propria palla irta di aculei. Si nutrono principalmente di molluschi, crostacei, meduse e polipi dei coralli. Le loro carni contengono una tossina molto potente: la tetradotossina. Dosi piccolissime di questa sostanza, se assunte dall'uomo, possono provocare la morte, che sopraggiunge per paralisi respiratoria. In Giappone con questi pesci viene preparata una specialità: il fugu. I cuochi che preparano questo piatto devono possedere un particolare certificato che ne garantisca la loro abilità nel prepararli. Occorre, infatti, una certa esperienza per levare via le parti del pesce che contengono la mortale tossina, ma nonostante ciò, in Giappone, questo piatto rimane una delle principali cause di decessi per intossicazione alimentare.

Megalodon: il re estinto degli squali


Il suo nome vuol dire grande dente poichè sono stati ritrovati denti appartenenti a questa specie della lunghezza massima di ben 20 cm. Ha vissuto circa 1,5 milioni di anni fa (anche se c'è chi afferma che esistesse fino a 10.000 anni fa). Si pensa che questo animale potesse raggiungere mediamente i 15 metri di lunghezza per un peso di oltre 20 tonnellate. Con tali dimensioni probabilmente era in grado di cacciare anche le grandi balene. Ci sono vari ed accesi dibattiti a livello tassonomico (di classificazione). C'è infatti chi afferma che il grande squalo bianco di oggi sia il diretto discendente del Megalodon, chi invece dice che si tratta di due specie che sono imparentate, non da una diretta discendenza, ma che posseggono un antenato comune. Quindi secondo quest'ultima teoria il Megalodon potrebbe essere incluso in un genere diverso da quello attuale (lo stesso dello squalo bianco). Pare, tuttavia, che quest'ultima seconda ipotesi sia quella più accreditata e sarebbe più corretto chiamare la specie Carcharocles megalodon

Qui in foto la ricostruzione della mandibola di Carcharodon megalodon (o più correttamente Carcharocles megalodon) sulla quale sta seduto un uomo che ci rende meglio l'idea delle reali dimensioni. C'è da sottolineare che in passato gli scienziati hanno esagerato a disporre i denti nella ricostruzione, inserendo solamente quelli più grandi e in numero superiore rispetto al normale, proprio come nella foto. 

venerdì 4 dicembre 2009

Il pesce scorpione


Conosciuto anche sotto il nome di pesce cobra o pesce leone, il pesce scorpione (Pterois volitans) appartiene alla stessa famiglia degli Scorfani e risulta quindi anch'esso possedere delle spine velenifere. La caratteristica che più colpisce di questo pesce sono le sue pinne molto lunghe, soprattutto quelle pettorali. Presenta una colorazione rossastra con macchie e strisce trasversali scure bordate di bianco. Ha un nuoto molto elegante e le sue lunghe pinne dorsali consistono in spine annesse a delle ghiandole velenifere, che rendono questo animale pericoloso per i bagnanti ed i subacquei; infatti, la sua puntura oltre a essere tossica è molto dolorosa. La tossina contenuta nelle ghiandole velenifere è abbastanza potente e causa necrosi locale, nausea, vomito, dolori, paralisi, edema polmonare ed, in alcuni casi, anche il decesso. Un buon metodo per alleviare gli effetti della tossina è quello di immergere la parte interessata dalla puntura in acqua molto calda. E' un pesce tipico delle acque basse delle barriere coralline e quindi di ambienti tropicali. Ha abitudini notturne. E' un vorace predatore e cattura i piccoli pesci di cui si nutre con una rapidissima estroflessione della bocca, che aprendosi rapidamente risucchia all'interno della cavità boccale la sfortunata preda. Può essere spesso confuso con specie simili dello stesso genere. Recentemente pare che si sia insediato anche nella costa est degli Stati Uniti a causa di un' introduzione accidentale, probabilmente da un acquario domestico.

giovedì 3 dicembre 2009

Cavallucci marini


I Cavallucci marini o Ippocampi sono pesci dalla forma ed abitudini assai peculiari. Tali organismi prendono il nome dalla forma della loro testa, che ricorda appunto quella di un cavallo. Hanno l'abitudine di agganciarsi con la loro coda prensile a fasci di piante o alghe marine, ma sono in grado anche di nuotare, seppur lentamente. Posseggono uno scheletro esterno costituito da placche ossee. I maschi, a differenza delle femmine, sono dotati di una tasca marsupiale sotto al torace, dove vengono incubate le uova che la femmina vi depone. Il muso tubuliforme funziona come una pipetta aspirante per la cattura del cibo, che consiste in piccolissimi organismi perlopiù planctonici. Non hanno nessun interesse commerciale per la pesca date le loro ridotte dimensioni, ma sono molto ricercati per le vasche degli acquariofili. Nel Mediterraneo ne sono presenti solamente due specie.

Stelle marine


Le stelle marine sono invertebrati Echinodermi e sono imparentate con i ricci di mare, presentando delle caratteristiche in comune con questi ultimi. Nelle stelle marine, dalla regione centrale del corpo si dipartono diverse braccia, in genere in numero di cinque. Le dimensioni variano parecchio, dai pochissimi centimetri di diametro ad un massimo di un metro. Anche nei colori variano molto, esistendone specie di colore rosso, bianco, arancio, multicolorate etc...Si trovano sempre sul fondale marino e conducono quindi vita bentonica e si muovono "camminando" grazie a dei pedicelli presenti nella parte inferiore delle loro braccia. Sono carnivore. Riescono a riparare e a ricostruire in tempi relativamente brevi le parti del corpo danneggiate o mancanti. Alcune specie effettuano una riproduzione asessuata, ovvero da un pezzo del loro corpo, che si stacca, si genera un nuovo individuo completo. In alcuni casi, una loro eccessiva densità in certe località ha portato a danni per l'ecosistema marino, come, ad esempio, alla distruzione di alcuni tratti delle barriere coralline (nutrendosi alcune specie di coralli) o all'eccessiva pressione predatoria esercitata da alcune specie sulle ostriche. 

mercoledì 2 dicembre 2009

Sapete quale è l'animale che uccide più persone al mondo?


Sicuramente qualcuno di voi se lo sarà chiesto e molti avranno pensato immediatamente al temibile squalo bianco, ai leoni mangiatori di uomini dell'Africa o probabilmente a qualche serpente velenoso. In realtà, questi animali mietono le loro vittime ogni anno, è vero, ma nulla in confronto a tutte le vittime delle zanzare! Infatti è proprio la zanzara, o meglio alcuni generi di zanzare,  che troviamo al primo posto nella classifica dei "killer" di uomini, seguite solo, a grande distanza, dal cobra indiano, dalla vespa di mare e dallo squalo bianco. Le zanzare sono, infatti, insetti in grado di trasmettere facilmente all'uomo delle pericolose, e spesso letali, malattie infettive quali: malaria, febbre gialla, dengue (detta febbre "spacca-ossa") e filariosi linfatica (malattia parassitaria). Pensate, si calcola che nel mondo una zanzara uccida una persona ogni 12 secondi, l'equivalente di 2 milioni di morti all'anno!! Tuttavia, la zanzara non è il diretto responsabile di tutti questi decessi, essa è solamente un vettore, ovvero un'animale che porta con sé un determinato patogeno ed è in grado di trasferirlo all'uomo. Il patogeno trasportato dalla zanzara, in base alla malattia, può essere un plasmodio (malaria), un virus (caso della febbre gialla e del dengue) o un nematode parassita (filariosi linfatica). 

martedì 1 dicembre 2009

Il granchio favollo


Anche questo granchio, come il granchio corridore (Pachygrapsus marmoratus), si può facilmente incontrare lungo le coste rocciose basse. Il Favollo (Eriphia verrucosa) è un granchio molto robusto e forte. Ha il carapace ovaliforme che si restringe nella parte posteriore. Nella parte anteriore e ai lati si trovano delle dentature. Gli occhi, peduncolati, sono distanziati. Come tutti i granchi è provvisto di 10 arti. Il paio anteriore, le chele, sono strutture molto robuste e hanno la funzione principale di catturare il cibo e di portarlo alla bocca. Sono asimmetriche e quindi una è sempre più sviluppata dell’altra. Sul lato esterno e dorsalmente ad esse sono presenti dei tubercoli. Le dita delle chele sono piuttosto appuntite e presentano delle grossolane dentellature. Si presentano di colore bruno o nero con le estremità bianche. Gli altri arti hanno funzione locomotoria. Le loro parti terminali sono a cuneo molto appuntito. Soprattutto a livello degli arti locomotori sono presenti delle setole. Proprio per tale caratteristica, in alcune località, il granchio è volgarmente noto come “granchio peloso” o “pelosa”. Il colore generale del corpo, dorsalmente, varia dal bruno al nerastro. Nella regione ventrale, invece, il colore è chiaro e si presenta generalmente e prevalentemente bianco-giallognolo. Il lato interno delle chele presenta dei tratti arancione. In corrispondenza delle due giunture di ogni chela possono essere presenti delle sfumature azzurre o celestine. Sulla superficie del corpo dell’animale possono vivere alcuni balani. Può essere parassitato da un altro crostaceo altamente modificato che conduce vita da parassita, appartenente al genere Sacculina. Il Favollo ha attività prevalentemente notturna, ma non è per nulla raro incontrarlo durante il giorno, in zone emerse o sotto la superficie a bassissime profondità, fino ad una profondità massima che può superare i 10 metri. Il suo habitat prediletto è quello roccioso, delle pozze di marea e di acque basse, dove è sicuramente più facile osservalo semplicemente passeggiando sulla riva o durante le nostre attività subacquee. Quando non è in esplorazione vive rintanato in fessure, sotto a massi o dentro le buche. È una specie diffidente e quando incontra l’uomo tende a fuggire. Solo quando si sente messo alle strette, senza alcuna via di fuga, allora diventa aggressivo e si mette in posizione di difesa, alzando il corpo quasi perpendicolarmente al substrato e tenendo pronte a scattare le poderose chele. Un grosso esemplare può fare certamente male anche ad un uomo. In alcuni grossi esemplari la larghezza del carapace supera i 10 cm. Si nutre prevalentemente di organismi morti che trova nel suo ambiente, ma è anche in grado di catturarne di vivi. Il sesso si può distinguere facilmente. Se si osserva l’animale nella sua parte inferiore e il suo addome è stretto e lungo allora sarà un maschio, mentre la femmina ha un addome ampio e tondeggiante, adatto a contenere e trasportare le uova. Quando presenti, queste, sono visibili come una massa brunastra sotto al corpo dell’animale. Uno dei suoi principali predatori è il Polpo (Octopus vulgaris). Generalmente non appare tra i banchi del mercato del pesce, tuttavia le sue carni sono prelibate e in alcune località è molto ricercato per aggiungerlo alla zuppa di pesce alla quale dà un particolare sapore, assai apprezzato dai buongustai.